Avevo il cuore in gola, anzi forse anche un po’ più in alto, visto che lo sentivo pulsare in testa come una grancassa. Stavo correndo come mai, per arrivare in tempo a scuola, con i miei 3 libri stretti nella cinghia rossa e logora, e una mela, che sarebbe dovuta essere la mia colazione, merenda e pranzo.
Tanto sgomento per andare a studiare?! Non ero mai stato nemmeno una gran cima, ma la Maestra sapeva inventarsi delle punizioni veramente poco ortodosse per i ritardatari e io non volevo essere la sua prossima vittima.
Stavo svoltando la curva, c’erano rimasti sì e no 10 metri, ma un urlo catturò la mia attenzione e nonostante tutto mi fermai.
Ero paonazzo in viso, ansimante, piegato in avanti con le mani sulle ginocchia, ma sentendo di nuovo i lamenti, mi sporsi sul limite del fosso e vidi Bicio.
Ometto stanco e minuto a cui mancavano una gamba e mezza, regalo dell’ultima guerra.
Gli tesi la mano.
“E ades?”
“En te preoccupè, se me met sopra el cec, ne freg un po’ e ’l magnem insiem”.
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p.s.
traduzione delle ultime due battute, nel caso non si capissero:
"E adesso?"
"Non ti preoccupare, se mi mette (in ginocchio) sopra i ceci, ne rubo un po' e ce li mangiamo insieme"
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